Stefano, nuovo diacono della Chiesa di Novara

Stefano prostrato a terra mentre l’assemblea si unisce nel canto delle litanie dei Santi

Ieri, sabato 27 ottobre, Stefano Roberto Capittini, giovane seminarista della nostra parrocchia, A? stato ordinato diacono per l’imposizione delle mani del nostro Vescovo Franco Giulio Brambilla.

Chi A? Stefano? Qualche dato: A? nato il 18 luglio 1984; dopo aver frequentato le scuole elementari e medie a Galliate, ha conseguito il diploma di perito chimico all’Omar e ha frequentato per tre anni il corso di laurea in Chimica all’Amedeo Avogadro, prima di entrare in seminario il 1A� ottobre 2006. Durante gli anni di studio teologico e di discernimento vocazionale, Stefano ha svolto servizio pastorale nella sua parrocchia d’origine (1A� anno), al Centro Diocesano Vocazioni (2A� e 3A� anno), nella Casa circondariale di Novara (4A� anno) e a Intra San Vittore (5A� anno).

Essendo l’unico candidato al diaconato quest’anno il Vescovo ha deciso celebrare la liturgia di ordinazione nella nostra Chiesa Parrocchiale invece che in Duomo come da tradizione consolidata. Questo anche per sottolineare – come mons. Brambilla stesso ha fatto durante l’omelia – che Galliate A? una terra molto ricca a livello vocazionale e generosa nel donare giovani che scelgono il sacerdozio come forma di servizio alla Chiesa locale. Sempre il Vescovo ha poi evidenziato come la sua presenza a Galliate sia una sorta di attestato di stima nei confronti del nostro parroco, don Ernesto Bozzini, per la sua vicinanza umana e pastorale in questi primi duri mesi di episcopato come vicario dell’Ovest Ticino.La liturgia A? stata animata dal Coro Polifonico di Santa Cecilia, accompagnato dal maestro Alberto Sala, che ha saputo con la sua bravura far risuonare tutti i timbri del nostro potente organo ormai da tempo in disuso e per l’occasione ripristinato. Voce guida dei canti A? stato don Mario d’Angelo, come segno di stima e amicizia nei confronti di Stefano. La celebrazione ha visto coinvolti tutti i seminaristi per l’impeccabile servizio liturgico insieme a tanti altri volontari che si sono avvicendati in questi giorni nel duro lavoro di “tirare a lucido” la nostra grande Chiesa Parrocchiale, nonchA� la Chiesa dell’Immacolata e la Domus Mariae.

Per la liturgia di ordinazione sono state scelte le letture della XXX Domenica del Tempo Ordinario.

Il Vescovo,A� nella sua omelia, ha anzitutto scherzato sul fatto che la terra di Galliate A? cosA� benedetta da numerose vocazioni sacerdotali che diventa necessario “esportarne” un po’ in altri territori della Diocesi. Ha poi spiegato che il diaconato A? la porta d’accesso all’ordine sacro e questo per via della grande e secolare sapienza della Chiesa. Dal Concilio Vaticano II A? stato ripristinato anche il diaconato permanente che puA? essere vissuto nella duplice forma del ministro sposato o celibe. Il diaconato A? un ordine in realtA� molto antico e ben definito giA� dalla Traditio Hyppolyti risalente al III secolo. Il problema A? che nel corso della storia questo ordine A? stato al contempo “lanciato” e “bloccato”. Si A? affermata la visione per cui il diaconato A? vissuto “non ad ministerium sed ad servitium”. Col tempo il diacono ha assunto nella Chiesa un potere oltre accettabili limiti, anche perchA� spesso il suo servizio prevedeva la cura della cassa per il servizio ai poveri. CosA� pian piano viene fatto scomparire dalla vita della Chiesa per poi ricomparire, dopo lunga discussione, durante il Concilio Vaticano II.

Il diaconato A? una tappa del cammino verso il sacerdozio nella quale non si passa dentro senza portare su di sA� una qualche minima conseguenza. Il prete A? sempre diacono, anzi A? chiamato ad esercitare la diaconia della caritA� e la diaconia nella libertA�.

GesA? si presenta nel Vangelo come il servo sofferente, facendo sua l’immagine proposta dal profeta Isaia, quella di un messia che non A? venuto a dividere il bene dal male con la scure (v. Giovanni Battista), quanto piuttosto di un messia che regna caricando su di sA� il male del mondo e guarendolo attraverso il suo sacrificio. Questi sono i segni evidenti della presenza del Regno di Dio in mezzo a noi: “i ciechi vedono, i sordi odono, i muti parlano…”. Il carattere univoco e indubitabile del ministero di GesA? in mezzo agli uomini A? segnato dall’amore, dalla caritA�: Egli risana i malati, guarisce le piaghe dei cuori spezzati, esercita un vero e proprio ministero di consolazione nei confronti di quelle persone che altrimenti si rivolgerebbero non a sorgenti zampillanti di acqua viva, ma a cisterne screpolate. GesA? ci insegna che il male si vince guarendolo, non separandolo dal bene. In questa realtA� infinito del mistero di Cristo ciascuno di noi puA? dirne un frammento con la sua vita e i suoi gesti. Anche nella nostra esperienza quotidiana vediamo che i mali, anche su curati, non guariscono, bensA� si evolvono, spesso i bisogni si ingigantiscono col tempo. Lo sanno bene i nostri tanti volontari che operano nel settore della caritA� e del disagio.

Arriviamo quindi al punto fondamentale della diaconia della libertA�. Ci aiuta l’esempio di Bartimeo, il cieco di cui parla il Vangelo di Marco. Egli siede lungo la strada di Gerico, A? un mendicante di assoluto come noi. Ha sete di Dio. Il suo bisogno A? cosA� grande che quando sente che sta passando GesA? comincia a gridare forte per attirare la sua attenzione. La folla intorno a lui gli intima di fare silenzio, ma Bartimeo grida ancora piA? forte, non si scoraggia di fronte all’ostacolo. Ad un certo punto GesA? dice: “Chiamatelo!”, e lo dice proprio a quelle persone che volevano che Bartimeo tacesse. Egli, sapendo che GesA? vuole incontrarlo, getta via il suo mantello, balza in piedi e va da GesA?. Sono tre verbi straordinari che esprimono la dinamicitA� di Bartimeo che lascia ogni sua sicurezza (il mantello) per correre da GesA?. Il Signore gli chiede: “Che cosa vuoi che io ti faccia?”. Bartimeo risponde: “Che io veda di nuovo” o meglio ancora potremmo tradurre “Che io veda in modo nuovo”. “Va’, la tua fede ti ha salvato”, gli risponde GesA?. Bartimeo A? guarito, ma anche salvato. E si mette a seguire il Maestro come suo discepolo, perchA� ora A? anche libero in quanto salvato e non solo guarito. Si sente chiamato a seguire GesA? con libertA�.

La fede cristiana non fa stare solo bene, ma ci aiuta a crescere nel bene, a camminare nella libertA�. Questa, in estrema sintesi, A? la parabola di vita che Bartimeo ci racconta e che parla anche di ciascuno di noi, del nostro cammino di fede.

Stefano con la sua famiglia e al centro, Mons. Brambilla

 

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