Febbraio
06
2012
La storia di Maria Cristina
A? stata l’ispiratrice dei Centri di aiuto alla vita, che ora sono in Italia oltre 300
Dal 4 al 6 novembre 2011 si A? tenuto a Firenze il Convegno nazionale dei a�?Centri di aiuto alla vitaa�?, associazioni di volontari, di ispirazione cattolica, che si propongono di aiutare le donne in difficoltA� di fronte a una gravidanza difficile o indesiderata per evitare il ricorso alla��interruzione della maternitA�.a�?a�?Nel dare il benvenuto ai convegnisti, la��arcivescovo di Firenze, monsignor Giuseppe Betori e monsignor Angiolo Livi, priore di San Lorenzo, hanno ricordato che il primo di quei centri venne fondato proprio in quella chiesa il 12 dicembre 1975. Venne fondato dal professor Enrico Ogier, che era primario di osteA�tricia e ginecologia alla��Ospedale Careggi e docente di patologia ostetrica all’universitA� di Firenze, e da sua moglie Gina, con alcuni giovani medici cattolici. Il Centro fu intitolato a Maria Cristina, figlia dei coniugi Ogier, morta nel 1973 a 19 anni, perchA� in realtA� era stata lei la vera ispiratrice di quel movimento.a�?a�? Alcuni mesi prima di morire, Maria Cristina, che era studentessa universitaria, aveva riferito in famiglia le infuocate discussioni abortistiche che si tenevano tra gli studenti. E pensando ai bambini che avrebbero perso la vita con la��aborto, aveva detto a suo padre: a�?Senti, babbo, sei o non sei un medico cristiano? Se non te ne occupi tu, di quei bambini, chi vuoi che se ne occupi?a�?. Quelle parole colpirono molto il professor Ogier, e dopo la morte della figlia divennero per lui un programma da��azione. Nel 1975 fondA? il a�?Centro di aiuto alla vitaa�? di Firenze, dedicandolo alla figlia che glielo aveva ispirato. Quel centro divenne modello di tutti gli altri sorti in seguito, che oggi sono una realtA� straordinaria.Nel nostro Paese ce ne sono oltre 300 ed A? stato calcolato che, dalla fondazione del primo, quello di Firenze, ad oggi, hanno salvato dalla��aborto, quindi dalla morte, non meno di 130 mila persone.a�?a�? Come giornalista, mi sono interessato di Maria Cristina la prima volta subito dopo il suo funerale, avvenuto a Firenze nel gennaio del 1973. Avevo letto sul quotidiano La Nazione che una folla immensa aveva partecipato alla cerimonia religiosa. Ero rimasto colpito. Tutta quella gente non era giustificata dal fatto che Maria Cristina era morta a soli 19 anni ed era figlia di un celebre medico.a�?a�?Il giornale scriveva che quella folla era costituita prevalentemente da poveri, da ammalati, da emarginati amici della ragazza. Incuriosito, corsi a Firenze, incontrai i genitori di Maria Cristina, rimasi una mezza giornata con loro ascoltando una delle storie piA? belle e commoventi che mi sia capitato di incontrare nella mia lunga carriera di giornalista. Una storia positiva, edificante, esemplare, indimenticabile.a�?a�?Ricca, giovane, bella, simA�patica, sempre con il sorriso sulle labbra e una gran voglia di vivere, Maria Cristina, a 19 anni, sembrava la ragazza piA? felice a piA? fortuA�nata di Firenze. Invece, sotto il sorriso, nascondeva un terribiA�le dramma: dalla��etA� di 4 anni aveva un tumore al cervello, che lentamente distruggeva la sua esistenza. Il male, giA� da tempo, le aveva semiparalizzaA�to la mano e la gamba destra e provocava spesso dolori atroA�ci, ma la ragazza non si lamentava mai. La sofferenza le aveva fatto scoprire GesA?, se ne era innamorata e viveva il proprio dramma in unione continua con Lui che, per amore degli uomini, aveva scelto di morire sulla croce. Nonostante la malattia, era impegnata in mille attivitA� a favore dei poveri e dei sofferenti. E solo dopo la sua morte i familiari, i paA�renti, gli amici hanno scoperto, con stupore, l’incredibile attiA�vitA� assistenziale compiuta da quella ragazA�za semiparalizzata.a�?a�?Maria Cristina visse la sua malattia in una sofferenza silenziosa, eroica, vivificata da una fede appassionata, da cristiana totale. E la cosa che mi colpA� su tutto, nel lungo racconto che mi fece la madre della ragazza in quel mio incontro del 1973, sta nel fatto che non erano stati i genitori a dare alla figlia quella dimensione di vita profondamente cristiana che aveva.a�?a�?a�?A Maria Cristina, io e mio marito non abbiamo inA�segnato niente di tutto quello che ha fatto – mi disse quel giorno la signora Gina Ogier -. Io e mio marito siamo sempre stati cattolici, ma una volta non eravamo molto ferventi. Si andava alla messa ogni tanto, non ci si preoccupava dei problemi spirituali, il prosA�simo per noi era un estraneo. Conoscendo le condizioni di salute di Maria Cristina, cercavamo di distrarla, volevamo accontenA�tare tutti i suoi desideri, voleA�vamo che si divertisse.a�?a�?a�?Fin da bambina, Maria Cristina era molto vivace. Amava lo sport ed era una brava nuotaA�trice. Le piaceva il mare, la montagna. Da ragazza, amava il teatro, la musica, andava spesso all’opera e conosceva diversi artisti. Era intelligente e studiava molto. Ha dato la maturitA� con un anno di anticipo e a pieni voti. Si era iscritta a medicina perchA� voleva diventare medico, coA�me il padre. Accanto a tutto queA�sto, perA?, aveva grandi ideali di bontA�, di altruismo, di volontariato dei quali nA� io nA� suo padre le aveA�vamo mai parlatoa�?.a�?a�?E scendendo in dettagli concreti, la signora Gina mi raccontA? alcuni episodi che certamente sorprendono e sono rifiutati dalla nostra mentalitA� razionale, ma fanno a�?intuirea�? realtA� spirituali straordinarie, che sono forse piA? frequenti, soprattutto tra i bambini, di quanto si possa immaginare.a�?a�?a�?Nella vita di mia figlia ca��A? sempre stato un qualche cosa di misterioso che non sono mai riuscita a capire – mi raccontA? la signora Ogier -. Il primo episodio che mi sorprese, accadde nel 1961. MaA�ria Cristina aveva sei anni. PoiA�chA� era ammalata a poteva moA�rire improvvisamente, chiesi al parroco, monsignor Giancarlo Setti, di metterla alla ComunioA�ne. Il parroco fu comprensivo e volle preparare personalmente la bamA�bina. Maria Cristina era molto felice e una settimana prima della festa, mentre le preparavo la��abito bianco, mi disse: Il veA�stito bianco lo voglio: devo essere bello perchA� ricevo GesA?, ma non voglio regali. Dia�� alle zie, agli zii e ai nonni che inA�vece di regali mi diano dei solA�di, cosA� li posso portare ai bamA�bini poveri. Restai male. SapeA�vo che i parenti adoravano la mia bambina e per quella festa volevano farle tanti regali. CerA�cai di farle cambiare idea. Le dissi che le avrebbero fatto dei regali e poi dato dei soldi, ma non riuscii a convincerla. VoA�leva solo soldi per i bambini poveri. Andai dal parroco e gli chiesi se era stato lui a dire quelle cose a Maria Cristina ma ancha��egli restA? meravigliato perchA� non aveva mai parlato di quell’argomento.a�?a�?Qualche mese dopo accadde un altro episodio misterioso. Una mattina Maria Cristina mi disse: Questa notte ho sognaA�to GesA?. Sono entrata in chieA�sa e il grande crocifisso sull’alA�tare si A? svegliato. Mi ha detto: ‘Maria Cristina, vuoi togliermi i chiodi e la corona di spine?’. Io ho fatto tutto quello che voA�leva e poi l’ho preso per mano e l’ho accompagnato a casa noA�stra e l’ho messo a letto. Gli ho dato anche il pigiama perchA� era nudo. Lui allora mi ha detA�to: ‘Ora vai, sei guaritaa��.a�?a�?Anche questa volta restai perplessa. Raccontai il fatto a mio marito e mi disse di lasciar perdere. Mi confidai con il parA�roco e mi rispose che erano fanA�tasie di bambini. Cercavo di diA�menticare, ma la speranza di una madre si aggrappa a tutto. Quella frase a�?Ora vai, sei guaritaa��, mi toglieva il sonno. In quei giorni Maria Cristina era molto migliorata, sembrava guarita e io sognavo ad occhi aperti.a�?a�?Qualche tempo prima eravamo andati a Stoccolma dal professor Olivecrona. Speravamo che il celebre chirurgo del cervello potesse fare un intervento, e invece ci disse che il tumore era in una posizione impossibile da raggiungere chirurgicamente. Era meglio attendere il decorso naturale della malattia. PraticA? un intervento di decompressione del liquor, che avrebbe dovuto portare un miglioramento temporaneo, ma ci disse che per la nostra bambina la medicina non poteva fare nienta��altro.a�?a�?Dopo il racconto del sogno di Maria Cristina, io speravo che quel miglioramento fosA�se provocato da un miracolo, non dalla medicina. Anzi speA�ravo che non fosse un miglioA�ramento ma la guarigione completa.a�?a�?A settembre portai la bambina a Lourdes e pregai molto. PassA? un anno, Maria Cristina stava bene, avevamo quasi ritrovato la felicitA�, ma una mattina la bambina mi chiamA? nella sua cameretta e mi disse: Mamma, ho sognato ancora GesA?. Mi ha chiesto di portare la croce inA�sieme con Lui. Impaurita, le domanA�dai piangendo: E tu che cosa hai risposto?. Con un sorriso dolcissimo la bambina disse: Gli ho detto di sA�. Se avessi visto la sua faccia, gli avresti detto di sA� anche tu. Pochi giorA�ni dopo, Maria Cristina ricominciA? a zoppicare e la malattia riprese il suo terA�ribile corso. Da allora, mia figlia non si A? piA? lamentata del male. Ha cominciato a viA�vere solo preoccupandosi di aiuA�tare gli altri ed A? sempre apA�parsa felice, contentaa�?.a�?a�?a�?Che cosa faceva sua figlia per aiutare gli altria�?, chiesi alla signora Ogier. a�?Di tuttoa�?, mi rispose. a�?Viveva per gli alA�tri. Tutti i suoi risparmi li dava ai poveri. Quando incontrava un povero per la strada, gli daA�va tutto quello che aveva, si fermava a chiacchierare, lo acA�carezzava. Io sono schizzinosa e la rimproveravo. Maria CriA�stina – dicevo – fa pure la caritA� ai poveri ma non A? necessario che tu ti fermi a parlare e non devi toccarli. Sono sporchi, puoi prendere delle malattie. Lei mi rispondeva: Mamma, i poveri sono tanto soli. Non hanno biA�sogno soltanto di denaro, ma soA�prattutto di affetto.a�?a�?Quando divenne piA? grande, cominciA? ad andare a visitare i vecchietti dei ricoveri. Li lavaA�va, imboccava i paralitici, comA�perava indumenti, restava con loro a chiacchierare. Quando era lontana, scriveva lettere, cartoline perchA? non si sentissero soli.a�?a�?Preoccupata per la sua salute, la portavo da un santuario alla��altro pregando per ottenere un miracolo. Maria Cristina mi seguiva obbediente, ma non ha mai pregato per la sua guarigioA�ne. Spesso glielo chiedevo con le lacrime agli occhi: Domanda la grazia alla Madonna, dicevo. E lei rispondeva: Mamma, ci sono tante persone che soffrono molto piA? di me: bisogna pregare per loro.a�?a�?Ogni anno andavamo a LourA�des. Durante quei viaggi, Maria Cristina scoprA� il lavoro delle crocerossine che accompagnano gli ammalati e volle diventare crocerossina. Era la crocerossina piA? giovane del mondo. Era felice di dediA�carsi ai sofferenti. Riusciva a infondere nel loro animo tanta rassegnazione, tanta bontA�. DuA�rante i viaggi sul treno, al sanA�tuario, non si stancava mai di correre, di aiutare, di pregare, di consolare. Gli ammalati piA? difficili e piA? bisognosi erano i suoi prediletti. Non aveva ribrezA�zo neanche per le piaghe piA? orribili che facevano impressione perfino ai medici. Comperava immaginette, cartoline che scriA�veva alle famiglie dei suoi amA�malati. Io che sapevo come faA�ticava con la sua mano e la gamba semiparalizzate, ogni tanto le dicevo: Cristina, riposati un poco. Lei rispondeva sorridendo: Hanno bisogno di me. Mi accorgevo della fatica fatta e dei sacrifici affrontati alla sera, quando vedevo i suoi piedi gonfi, con le vesciche per il continuo camminare.a�?a�?Nel 1970 venne a Firenze un cappuccino, padre Pio Conti. Era medico e prima di partire missionario per la��Amazzonia voA�leva specializzarsi in ginecoloA�gia e ostetricia. Studiava con mio marito e veniva spesso a casa nostra. Parlando con Padre Pio, Maria Cristina scoprA� le missioni e cominciA? a interessarA�si anche di queste raccoglienA�do offerte e medicinali. TermiA�nata la specializzazione, Padre Pio andA? in Amazzonia. Dopo qualche tempo scrisse una letteA�ra parlando del suo apostolato. Aveva una missione difficile. Il territorio era vastissimo: 500 chilometri lungo il Rio delle Amazzoni. La��unico mezzo di coA�municazione era il fiume che gli Indios percorrevano con le caA�noe. Nella foresta ca��era un picA�colo ospedale ma serviva a poA�co. Gli ammalati gravi, i feriti potevano raggiungere l’ospedale solo attraverso il fiume, con la canoa. Il viaggio era lungo e disagiato, spesso morivano prima di arA�rivare dal medico. BisognerebA�be avere una imbarcazione atA�trezzata, concludeva Padre Pio. Era una frase buttata lA� per caso, ma nella mente di Maria Cristina nacque immediatamenA�te il desiderio di aiutare quella povera gente. ParlA? con una��amiA�ca, Maria Laura Tonelli. CominciA? a interessarsi di barche, fece calcoli, pensando alla spesa neA�cessaria. Voleva un battello atA�trezzato con un pronto soccorA�so, una specie di ospedale viagA�giante. La spesa era molto grosA�sa, ma Maria Cristina non si perse da��animo. CominciA? la sua campagna e per quasi due anA�ni lavorA? infaticabile. RaccoglieA�va soldi dappertutto. Scriveva lettere ad amici, a enti, ai giorA�nali. Aveva messo delle cassetA�tine per le offerte nello stuA�dio di suo padre, nella��ospedale, nella clinica, nei negozi. Se qualcuno le offriva un regalo, chiedeva soldi per la barca da mandare in Amazzonia. Alla sera si attaccava al telefono e non la smetteva mai. TeleA�fonava anche fino alle undici di sera. Io le dicevo: Maria CriA�stina, devi moderarti. DiventeA�rai la favola di tutta Firenze. Non devi importunare la gente in questo modo. Come sempre, lei rispondeva con un gran sorA�riso e continuava il suo lavoro. Il suo entusiasmo contaminava tutti. La gente, invece di scocA�ciarsi, restava affascinata da quello che sapeva dire quella ragazzina. Ogni giorno partivaA�no decine di lettere. Per raccoA�gliere offerte furono organizzaA�ti concerti. Nelle fabbriche e nei forni i ceramisti si tassavano. Qualche commerciante chiedeva offerte ai suoi clienti. FinalmenA�te la somma fu raggiunta. BisoA�gnava fare la��acquisto. A questo punto Maria Cristina trovA? la��apA�poggio di un altro amico: BruA�no Lorenzini, un portuale di LiA�vorno: un gigante dal cuore tanto buono. Lorenzini fu conA�quistato dalla��entusiasmo di MaA�ria Cristina e si schierA? con lei. Andarono a Fiumicino a comA�perare la barca. Ne comperarono una lunga dieci metri, dotata di moA�tore diesel. Fu attrezzata con ambulatorio-pronto soccorso, poA�sti letto per trasporto di amA�malati. Lorenzini riuscA� ad aveA�re l’aiuto degli altri portuali e la barca fu trasportata gratuiA�tamente da Fiumicino al porto di Livorno. Ottenne l’esenzione dalla dogana; dall’armatore CoA�sta riuscA� ad avere il massimo di riduzione per il trasporto in Amazzonia. Il 21 febbraio 1972 la barca partA�. Quel giorno, al porto di Livorno MaA�ria Cristina era felicissima. Forse quello fu uno dei giorni piA? belli della sua vita. Il battello, che porta il nome di Maria Cristina, iniziA? il suo lavoro sul Rio delle AmazA�zoni e sul Rio Solimoas a serA�vizio degli indigeni ammalati, diventando utilissimo e Maria Cristina continuA? a interessarsene per rifornirlo di medicinali, di viveri dietetici, di attrezzature sanitarie tra le piA? moderne.a�?a�?Ca��era una��altra opera che voA�leva realizzare. Diceva spesso: Ai bambini ci pensano tutti, ma i vecchi sono i piA? dimenA�ticati. Soffriva quando andava nei ricoveri. Pensava di formare piccole case che fossero coA�me famiglie per i vecchi soli e abbandonati. Aveva giA� un proA�getto. Voleva cominciare con una casa-famiglia a Firenze, ma parlava con i suoi amici per estendere la��iniziativa in altre cittA�.a�?a�?La casa di riposo era il suo sogno. Non ha potuto realizzarlo ma il suo desiderio non anA�drA� perduto. Ora tocca a me. Io non sono Maria Cristina, non ho la sua fede e la sua forza, ma sento che devo continuare la sua opera. Mio marito ha detto: La nostra vita ora ha un solo scopo: realizzare il sogno di Maria Cristina per i suoi ammaA�lati. Metteremo tutte le nostre sostanze in quella��operaa�?.a�?a�?Come sono trascorsi gli ultiA�mi giorni di Maria Cristina? a�?A ottobre cominciA? a star molto male. Decidemmo di tornare a Stoccolma per un altro tentativo, ma fu un viaggio inuA�tile. In novembre iniziammo una cura a Roma. Trascorrevo gran parte della settimana a Roma, in casa di parenti. Maria CristiA�na non riusciva piA? a stare in piedi da sola. Si trascinava per qualche metro appoggiata a me e soffriva, ma non si lamentava.a�?a�?La��otto gennaio era stato un giorno normale. Avevo accomA�pagnato Maria Cristina da paA�renti. Alle 6.30 di sera eravamo andati a messa e avevamo fatto la Comunione, come sempre. Poi eravamo rientrati. Maria CristiA�na si A? seduta a tavola. Si A? girata verso di me, mi ha guarA�dato un attimo, smarrita, mi ha gettato le braccia al collo ed A? rimasta fulminata da una paraA�lisi bulbare.a�?a�?La mattina seguente la porA�tinaia mi ha portato quattro riA�cevute di vaglia che aveva eseA�guito per conto di mia figlia. Poche ore prima di morire, MaA�ria Cristina aveva fatto le sue ultime offerte: 100 mila lire alla Missione in Amazzonia per le medicine e la benzina del battello; 10 mila lire a un Istituto di ragazzi spastici; 2000 lire alla cittA� dei ragazzi vicino a RoA�ma; 1000 lire al Santuario della Madonna di Fatima di un paeA�se toscanoa�?.a�?a�?Questi sono solo alcuni dei ricordi di Maria Cristina che sua madre mi ha raccontato un mese dopo che sua figlia era morta. Chi non ha fede, di fronte alla morte di persone cosA� giovani, si indigna. Pensa a un destino crudele, a una ingiustizia spietata. Ma la fede apre orizzonti stupefacenti, realtA� sublimi di cui avremo conoscenza piena nella��altra vita. Maria Cristina A? stata un seme meraviglioso. Quella sua idea, suggerita al padre un anno prima di morire, ha dato origine ai Centri di aiuto per la vita, che, come A? stato evidenziato al Convegno di Firenze, sono oggi una realtA� straordinaria. Ma a Firenze, e in altre cittA� da��Italia e del mondo ci sono altre ammirevoli realtA� che Maria Cristina sognava e che, dopo la sua morte, i suoi genitori, con i parenti, gli amici, i conoscenti, gli ammiratori hanno realizzato in suo ricordo. Case-famiglia per anziani, una scuola in Brasile per bambini poveri, una scuola in Bolivia, un centro accoglienza per orfani in Bielorussia. Esiste un Istituto e una Associazione Onlus che portano il nome di Maria Cristina. Ma esistono soprattutto centinaia, migliaia di persone, soprattutto giovani, sparse per il mondo che hanno accolto nel loro cuore la��esempio di questa ragazza. Pensando a lei, trovano ogni giorno entusiasmo e coraggio per essere testimoni di amore tra i poveri e i sofferenti, contribuendo a dare, a questo nostro mondo, spesso troppo cinico e crudele, un volto umano.
Articolo di Renzo Allegri tratto da Zenit