Dicembre
30
2011
La Santa Famiglia scuola di preghiera
Ricorre oggi la Festa della Santa Famiglia di Nazareth. Papa Benedetto XVI mercoledA� all’Udienza generale ha tratteggiato le caratteristiche di questa famiglia straordinaria soprattutto in relazione al tema della preghiera. Riportiamo qui di seguito il testo, ricco e di facile comprensione, cosA� che possa diventare oggetto di meditazione per tutte le nostre famiglie.
La preghiera e la Santa Famiglia di Nazaret
Cari fratelli e sorelle,
la��odierno incontro si svolge nel clima natalizio, pervaso di intima gioia per la nascita del Salvatore. Abbiamo appena celebrato questo mistero, la cui eco si espande nella liturgia di tutti questi giorni. A? un mistero di luce che gli uomini di ogni epoca possono rivivere nella fede e nella preghiera. Proprio attraverso la preghiera noi diventiamo capaci di accostarci a Dio con intimitA� e profonditA�. PerciA?, tenendo presente il tema della preghiera che sto sviluppando in questo periodo nelle catechesi, oggi vorrei invitarvi a riflettere su come la preghiera faccia parte della vita della Santa Famiglia di Nazaret. La casa di Nazaret, infatti, A? una scuola di preghiera, dove si impara ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato profondo della manifestazione del Figlio di Dio, traendo esempio da Maria, Giuseppe e GesA?.Rimane memorabile il discorso del Servo di Dio Paolo VI nella sua visita a Nazaret. Il Papa disse che alla scuola della Santa Famiglia noi A�comprendiamo perchA� dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del CristoA�. E aggiunse: A�In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazaret, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestriA� (Discorso a Nazaret, 5 gennaio 1964).
Possiamo ricavare alcuni spunti sulla preghiera, sul rapporto con Dio, della Santa Famiglia dai racconti evangelici della��infanzia di GesA?. Possiamo partire dalla��episodio della presentazione di GesA? al tempio. San Luca narra che Maria e Giuseppe, A�quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di MosA?, portarono il bambino a Gerusalemme, per presentarlo al SignoreA� (2,22). Come ogni famiglia ebrea osservante della legge, i genitori di GesA? si recano al tempio per consacrare a Dio il primogenito e per offrire il sacrificio. Mossi dalla fedeltA� alle prescrizioni, partono da Betlemme e si recano a Gerusalemme con GesA? che ha appena quaranta giorni; invece di un agnello di un anno presentano la��offerta delle famiglie semplici, cioA? due colombi. Quello della Santa Famiglia A? il pellegrinaggio della fede, della��offerta dei doni, simbolo della preghiera, e della��incontro con il Signore, che Maria e Giuseppe giA� vedono nel figlio GesA?.
La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale, poichA� A? nel suo grembo che si A? formato, prendendo da lei anche una��umana somiglianza. Alla contemplazione di GesA? nessuno si A? dedicato con altrettanta assiduitA� di Maria. Lo sguardo del suo cuore si concentra su di Lui giA� al momento della��Annunciazione, quando Lo concepisce per opera dello Spirito Santo; nei mesi successivi ne avverte a poco a poco la presenza, fino al giorno della nascita, quando i suoi occhi possono fissare con tenerezza materna il volto del figlio, mentre lo avvolge in fasce e lo depone nella mangiatoia. I ricordi di GesA?, fissati nella sua mente e nel suo cuore, hanno segnato ogni istante della��esistenza di Maria. Ella vive con gli occhi su Cristo e fa tesoro di ogni sua parola. San Luca dice: A�Da parte sua [Maria] custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuoreA� (Lc 2, 19), e cosA� descrive la��atteggiamento di Maria davanti al Mistero della��Incarnazione, atteggiamento che si prolungherA� in tutta la sua esistenza: custodire le cose meditandole nel cuore. Luca A? la��evangelista che ci fa conoscere il cuore di Maria, la sua fede (cfr 1,45), la sua speranza e obbedienza (cfr 1,38), soprattutto la sua interioritA� e preghiera (cfr 1,46-56), la sua libera adesione a Cristo (cfr 1,55). E tutto questo procede dal dono dello Spirito Santo che scende su di lei (cfr 1,35), come scenderA� sugli Apostoli secondo la promessa di Cristo (cfr At 1,8). Questa immagine di Maria che ci dona san Luca presenta la Madonna come modello di ogni credente che conserva e confronta le parole e le azioni di GesA?, un confronto che A? sempre un progredire nella conoscenza di GesA?. Sulla scia del beato Papa Giovanni Paolo II (cfr Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae) possiamo dire che la preghiera del Rosario trae il suo modello proprio da Maria, poichA� consiste nel contemplare i misteri di Cristo in unione spirituale con la Madre del Signore. La capacitA� di Maria di vivere dello sguardo di Dio A?, per cosA� dire, contagiosa. Il primo a farne la��esperienza A? stato san Giuseppe. Il suo amore umile e sincero per la sua promessa sposa e la decisione di unire la sua vita a quella di Maria ha attirato e introdotto anche lui, che giA� era un A�uomo giustoA� (Mt 1,19), in una singolare intimitA� con Dio. Infatti, con Maria e poi, soprattutto, con GesA?, egli incomincia un nuovo modo di relazionarsi a Dio, di accoglierlo nella propria vita, di entrare nel suo progetto di salvezza, compiendo la sua volontA�. Dopo aver seguito con fiducia la��indicazione della��Angelo – A�non temere di prendere con te Maria, tua sposaA� (Mt 1,20) – egli ha preso con sA� Maria e ha condiviso la sua vita con lei; ha veramente donato tutto se stesso a Maria e a GesA?, e questo la��ha condotto verso la perfezione della risposta alla vocazione ricevuta. Il Vangelo, come sappiamo, non ha conservato alcuna parola di Giuseppe: la sua A? una presenza silenziosa, ma fedele, costante, operosa. Possiamo immaginare che anche lui, come la sua sposa e in intima consonanza con lei, abbia vissuto gli anni della��infanzia e della��adolescenza di GesA? gustando, per cosA� dire, la sua presenza nella loro famiglia. Giuseppe ha compiuto pienamente il suo ruolo paterno, sotto ogni aspetto. Sicuramente ha educato GesA? alla preghiera, insieme con Maria. Lui, in particolare, lo avrA� portato con sA� alla sinagoga, nei riti del sabato, come pure a Gerusalemme, per le grandi feste del popolo da��Israele. Giuseppe, secondo la tradizione ebraica, avrA� guidato la preghiera domestica sia nella quotidianitA� a�� al mattino, alla sera, ai pasti -, sia nelle principali ricorrenze religiose. CosA�, nel ritmo delle giornate trascorse a Nazaret, tra la semplice casa e il laboratorio di Giuseppe, GesA? ha imparato ad alternare preghiera e lavoro, e ad offrire a Dio anche la fatica per guadagnare il pane necessario alla famiglia.
E infine, un altro episodio che vede la Santa Famiglia di Nazaret raccolta insieme in un evento di preghiera. GesA?, la��abbiamo sentito, a dodici anni si reca con i suoi al tempio di Gerusalemme. Questo episodio si colloca nel contesto del pellegrinaggio, come sottolinea san Luca: A�I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festaA� (2,41-42). Il pellegrinaggio A? una��espressione religiosa che si nutre di preghiera e, al tempo stesso, la alimenta. Qui si tratta di quello pasquale, e la��Evangelista ci fa osservare che la famiglia di GesA? lo vive ogni anno, per partecipare ai riti nella CittA� santa. La famiglia ebrea, come quella cristiana, prega nella��intimitA� domestica, ma prega anche insieme alla comunitA�, riconoscendosi parte del Popolo di Dio in cammino e il pellegrinaggio esprime proprio questo essere in cammino del Popolo di Dio. La Pasqua A? il centro e il culmine di tutto questo, e coinvolge la dimensione familiare e quella del culto liturgico e pubblico.
Nella��episodio di GesA? dodicenne, sono registrate anche le prime parole di GesA?: A�PerchA� mi cercavate? Non sapevate che io devo essere in ciA? che A? del Padre mio?A� (2,49). Dopo tre giorni di ricerche, i suoi genitori lo ritrovarono nel tempio seduto tra i maestri mentre li ascoltava ed interrogava (cfr 2,46). Alla domanda perchA� ha fatto questo al padre e alla madre, Egli risponde che ha fatto soltanto quanto deve fare il Figlio, cioA? essere presso il Padre. CosA� Egli indica chi A? il vero Padre, chi A? la vera casa, che Egli non fatto niente di strano, di disobbediente. Ea�� rimasto dove deve essere il Figlio, cioA? presso il Padre, e ha sottolineato chi A? il suo Padre. La parola A�PadreA� sovrasta quindi la��accento di questa risposta e appare tutto il mistero cristologico. Questa parola apre quindi il mistero, A? la chiave al mistero di Cristo, che A? il Figlio, e apre anche la chiave al mistero nostro di cristiani, che siamo figli nel Figlio. Nello stesso tempo, GesA? ci insegna come essere figli, proprio nella��essere col Padre nella preghiera. Il mistero cristologico, il mistero della��esistenza cristiana A? intimamente collegato, fondato sulla preghiera. GesA? insegnerA� un giorno ai suoi discepoli a pregare, dicendo loro: quando pregate dite A�PadreA�. E, naturalmente, non ditelo solo con una parola, ditelo con la vostra esistenza, imparate sempre piA? a dire con la vostra esistenza: A�PadreA�; e cosA� sarete veri figli nel Figlio, veri cristiani.
Qui, quando GesA? A? ancora pienamente inserito nella vita della Famiglia di Nazaret, A? importante notare la risonanza che puA? aver avuto nei cuori di Maria e Giuseppe sentire dalla bocca di GesA? quella parola A�PadreA�, e rivelare, sottolineare chi A? il Padre, e sentire dalla sua bocca questa parola con la consapevolezza del Figlio Unigenito, che proprio per questo ha voluto rimanere per tre giorni nel tempio, che A? la A�casa del PadreA�. Da allora, possiamo immaginare, la vita nella Santa Famiglia fu ancora piA? ricolma di preghiera, perchA� dal cuore di GesA? fanciullo a�� e poi adolescente e giovane a�� non cesserA� piA? di diffondersi e di riflettersi nei cuori di Maria e di Giuseppe questo senso profondo della relazione con Dio Padre. Questo episodio ci mostra la vera situazione, la��atmosfera della��essere col Padre. CosA� la Famiglia di Nazaret A? il primo modello della Chiesa in cui, intorno alla presenza di GesA? e grazie alla sua mediazione, si vive tutti la relazione filiale con Dio Padre, che trasforma anche le relazioni interpersonali, umane.
Cari amici, per questi diversi aspetti che, alla luce del Vangelo, ho brevemente tratteggiato, la Santa Famiglia A? icona della Chiesa domestica, chiamata a pregare insieme. La famiglia A? Chiesa domestica e deve essere la prima scuola di preghiera. Nella famiglia i bambini, fin dalla piA? tenera etA�, possono imparare a percepire il senso di Dio, grazie alla��insegnamento e alla��esempio dei genitori: vivere in una��atmosfera segnata dalla presenza di Dio. Una��educazione autenticamente cristiana non puA? prescindere dalla��esperienza della preghiera. Se non si impara a pregare in famiglia, sarA� poi difficile riuscire a colmare questo vuoto. E, pertanto, vorrei rivolgere a voi la��invito a riscoprire la bellezza di pregare assieme come famiglia alla scuola della Santa Famiglia di Nazaret. E cosA� divenire realmente un cuor solo e una��anima sola, una vera famiglia. Grazie.